Il 27 gennaio è una data importante nella storia dell’umanità perché in questo giorno nel 1945 furono abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz rivelando l’orrore del genocidio nazista.
In questa giornata tutto il mondo ricorda e riflette su cosa è stato l’olocausto per non dimenticare, per evitare e prevenire che forme di discriminazione, crudeltà e disumanità si possano ripetere e riproporre.
Per molte di noi appassionate di maglia, i nostri lavori sono anche un messaggio, un modo di comunicare amore, di riporre nelle maglie che lavoriamo pensieri, riflessioni ma anche di esorcizzare le preoccupazioni e mettere a tacere ansia e tristezza. Così ho pensato al ruolo che il lavoro a maglia aveva nei campi di concentramento e ho trovato un bellissimo articolo scritto da Donna Jones in cui viene raccontato come il lavoro a maglia abbia salvato la vita di molte persone sia che fosse un’attività imposta per produrre calze e indumenti per le SS, sia che fosse un passatempo, un modo per rilassarsi e allo stesso di tenersi al caldo producendosi maglioni e calze (con materiali di recupero).
Tra i vari knitter del tempo c’era anche Horst Schulz, un designer di maglia tedesco che racconta di aver imparato a lavorare a maglia in un campo di concentramento. Schulz ha lavorato tanto con i colori e le lavorazioni modulari tanto da scrivere dei libri sull’argomento (“Patchwork Knitting” e “New Patchwork Knitting Fashion For Children“). Non so bene se l’attenzione alla lavorazione modulare gli sia stata suggerita solo dall’amore per la combinazione dei colori o se l’arte di arrangiarsi con quello che c’era (si racconta che lavorasse a maglia usando il filato ricavato dai sacchi di farina e dalle calze in seta) lo abbia portato a trovare una soluzione per usare al meglio piccoli quantitativi di filato. Proverò a documentarmi e a tal proposito ho appena acquistato un suo libro.
E poi c’è la storia di un magliocino verde (The Green Sweater – vedi foto in alto) fatto dalla sua nonna nel 1941 che la piccola Krystyna Chiger riusci a portare via con se nel 1943 quando fu costretta a nascondersi con la famiglia per scappare dai nazisti. Il maglione originale è custodito presso United States Holocaust Memorial Museum (Washington DC) e il pattern è stato scritto con dovizia di particolari da Lea Stern e disponibile su ravelry.
Parlando di modular knitting voglio suggerirvi un pattern che Brooklyn Tweed lancerà oggi nell’ambito della sua nuova collezione “Domino + Square”, la coperta Whimm di Tracy Pipinich (@stixyarn) , primo pattern Brooklyn Tweed con lavorazione a uncinetto, lavorata con il filato Peerie per la versione baby e Arbor per la versione più grande.